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Concorso straordinario, gestione associata e “titolarità congiunta” della farmacia

Quintino Lombardo
Quintino Lombardo
Concorso straordinario, gestione associata e “titolarità congiunta” della farmacia


Per partecipare al concorso e per vedersi assegnata una farmacia, è necessaria o no l’idoneità alla titolarità acquisita in un concorso precedente o con il compiuto biennio di pratica professionale?

Sul punteggio da assegnare ai concorrenti per la gestione associata e sulla maggiorazione del punteggio da riconoscersi a titolari e collaboratori di parafarmacia ai sensi della legge n. 221/1968, con buon garbo istituzionale il Ministero ha ritenuto di non esprimersi e di rinviare alle scelte già effettuate dai bandi regionali.

Sulla questione dell’idoneità, che a ben vedere non riguarda la procedura concorsuale, bensì un requisito soggettivo e professionale fino a ieri ritenuto indispensabile per acquisire lo status e le responsabilità di titolare di farmacia, il Ministero ha invece preso posizione, osservando come l’idoneità non sia prevista quale requisito per la partecipazione né dalla specifica disciplina del concorso straordinario, né dalla disciplina che regola i concorsi “ordinari”. Da tale premessa, che è vera soltanto se riferita alla partecipazione al concorso, il Ministero ha dedotto che l’idoneità alla titolarità, che è necessaria sia per acquistare o ereditare una farmacia, sia per l’assegnazione della farmacia all’esito del concorso “ordinario” (perché chi non supera la prova attitudinale non è idoneo e quindi neppure è utilmente collocato nella graduatoria), non è invece necessaria per diventare titolari all’esito del concorso “straordinario”, sebbene poi quest’ultima procedura non consenta di conseguire l’idoneità medesima.

Tale conclusione potrebbe essere in astratto condivisa, calcando l’accento sull’eccezionalità della procedura selettiva, anche se forse a tal fine sarebbe stata necessaria l’adozione di una specifica norma di legge, evitando di giungervi per via interpretativa. In fondo, il concorso è “straordinario” e tale “straordinarietà” (per favorire l’economia e la concorrenza, potenziare il servizio farmaceutico, aprire al più presto le farmacie vacanti) potrebbe magari legittimare la scelta di affidare una farmacia a chi non vi ha mai messo piede, neppure completando un biennio di pratica professionale, ritenendo subordinata l’esigenza di tutela della salute pubblica sottesa al requisito dell’idoneità. Facile tuttavia prevedere che, mancando la norma di rango primario, in fase di assegnazione delle sedi farmaceutiche le contestazioni non mancheranno.

Colpisce ed è poco comprensibile, in ogni caso, la singolare argomentazione con la quale si vorrebbe superare, affrontando la questione della gestione associata, il contenuto letterale dell’art. 7 della legge n. 362/1991. Qui è espressamente precisato che la titolarità della farmacia è riservata alle persone fisiche e alle società di persone, nonché alle società cooperative a responsabilità limitata, tutte costituite da farmacisti iscritti all’albo professionale e in possesso del requisito della titolarità.

Ora, due o più farmacisti che partecipano per la “gestione associata”, ai sensi dell’art. 11 del DL n. 1/2012, nel momento in cui si vedessero assegnata una sede farmaceutica, devono necessariamente costituire una società ai sensi dell’art. 7 della legge n. 362/1991 e su questo anche il Ministero è d’accordo. Sempre secondo il Ministero, tuttavia, tale società potrà essere costituita “indipendentemente dal fatto di aver o non aver già conseguito l’idoneità in un precedente concorso”; e “tale società rileverà unicamente ai fini della gestione, perché la titolarità, per effetto della richiamata disposizione di legge, resta congiuntamente in capo ai soci, in deroga alla fattispecie già prevista dall’art. 7 della legge n. 362/1991”.

L’obiettivo della lettura ministeriale è chiaro, cioè di consentire la costituzione di una società ex art. 7 della legge n. 362/1991 anche a farmacisti privi del requisito dell’idoneità alla titolarità, così superando per via d’interpretazione sistematica l’espressa previsione di tale requisito nella norma di legge.

Non pare tuttavia condivisibile la tesi della dissociazione tra “titolarità” della sede farmaceutica, cioè del diritto-dovere di esercizio della farmacia nell’ambito territoriale assegnato, che resterebbe in capo individualmente e congiuntamente alle persone fisiche e la costituenda società, che rileverebbe “unicamente ai fini della gestione”.

Saremmo di fronte, infatti, a un caso di dissociazione tra titolarità e gestione della farmacia non espressamente previsto da alcuna norma di legge mentre, com’è noto, nell’ordinamento settoriale farmaceutico vige esattamente il principio opposto; e, prima ancora, a un modello di esercizio della farmacia poco intellegibile e del tutto sconosciuto all’ordinamento giuridico. Il vero è che due o più soggetti che esercitano l’impresa in comune (e la farmacia è anche impresa) costituiscono una società e in capo a quest’ultima sono posti (anche) i titoli legittimanti all’esercizio dell’impresa.

In conclusione, l’argomentazione ministeriale sul punto è largamente discutibile, con tutti i corollari che potrebbero discenderne, come osservato dalla FOFI, se la titolarità della farmacia ottenuta in “gestione associata” fosse da riconoscersi alle persone fisiche congiuntamente e non alla società che è chiamata a esercitare la farmacia.

Se si consolidasse la tesi qui criticata, infatti, anche al farmacista vincitore “pro quota”, cioè in gestione associata, sarebbe precluso, per tutti i dieci anni di partecipazione obbligatoria o per meglio dire di “con-titolarità” (sono dieci anni in cui la compagine associativa vincitrice deve restare invariata, salvo premorienza o incapacità di uno dei soci), la partecipazione in altre società titolari di farmacia, per acquisto della quota sia inter vivos, sia mortis causa, analogamente a quanto accade per il titolare individuale.

Si tratta di vincoli non da poco, che dunque dovrebbero fin d’ora e da subito essere prudenzialmente tenuti presenti, anche mediante opportuni accordi tra le parti, quando si ragiona della partecipazione al concorso straordinario per la gestione associata, specie quando le esigenze o le aspirazioni professionali di uno degli associati (e futuri soci “con-titolari” della farmacia, nell’assunto ministeriale) risultino, per qualsiasi ragione, in potenziale conflitto con quelle degli altri.


Quintino Lombardo

Quintino Lombardo ha conseguito la laurea in Giurisprudenza cum laude presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1992, quale alunno borsista del Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” della Federazione Nazionale dei Cavalieri del lavoro. È avvocato dal 1995 e da subito ha indirizzato la propria attività professionale nell’ambito del diritto delle farmacie, della sanità pubblica e privata, dei prodotti farmaceutici e parafarmaceutici. Nel 2003 è entrato in Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo – Studio Legale in Milano e Roma. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Silvia Stefania Cosmo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. È autore di numerosi interventi sulla stampa specializzata del settore farmaceutico. Ha pubblicato “La nuova farmacia del Decreto Monti – Guida alla riforma del servizio farmaceutico” (Tecniche Nuove, 2012), “Il passaggio della farmacia - Di padre in figlio e non solo” (Puntoeffe editore, 2010). Collabora stabilmente con la rivista iFARMA (iFARMA Editore – Gruppo Proedi, Milano).
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