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La Corte Costituzionale ancora una volta fa chiarezza

Claudio Duchi
Claudio Duchi
La Corte Costituzionale ancora una volta fa chiarezza


La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del DL n. 223/2006, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione dal TAR di Reggio Calabria, nella sostanza riferibile al divieto di vendita di farmaci di fascia C soggetti a prescrizione medica nelle parafarmacie.

La sentenza è molto importante non solo per il principio che afferma ma per come arriva ad affermarlo, cioè con molto chiarezza ed attraverso un ragionamento che, pur nel solco di precedenti decisioni anche del Giudice comunitario, che infatti richiama, contiene qualche elemento di novità.

Per queste ragioni sarebbe spiacevole che scontasse quella sorta di assuefazione dei titolari di farmacia cui ho fatto riferimento, trattandosi di un atteggiamento pericoloso a fronte della palese ostilità dei Giudici Amministrativi che ripropongono le medesime questioni sia alla Consulta che al Giudice comunitario, ripetendo come un mantra vuoto di significato che la mancata liberalizzazione ora di questo ora di quell’aspetto del servizio farmaceutico lederebbe (soprattutto) il principio della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost..

La Corte Costituzionale osserva innanzitutto che ora il sistema è, per così dire, ribaltato rispetto a prima e che i farmaci di fascia C non vendibili in parafarmacia perché quelli soggetti a prescrizione medica costituiscono l’eccezione rispetto alla regola, a sua volta rappresentata dalla circostanza per cui la gran parte dei farmaci di fascia C sono vendibili anche in parafarmacia perché non compresi nell’elenco ministeriale in continuo aggiornamento (in riduzione) di quelli soggetti a ricetta medica.

Partendo da questo dato di fatto, la Corte osserva che il problema non è tanto quello di presupporre o meno la medesima professionalità in capo al titolare di farmacia ed al farmacista che gestisca la parafarmacia quanto piuttosto quello di considerare la farmacia inserita in un sistema diretto alla tutela della salute pubblica, sistema che è caratterizzato da un equilibrio scelto dal legislatore secondo orientamenti non irragionevolmente diretti a garantire l’efficienza economica delle farmacie sul territorio come presupposto della tutela della salute.

In quest’ottica si osserva che le farmacie sono soggette a vincoli e controlli che le parafarmacie non hanno, che garantiscono servizi che le farmacie non possono garantire e che danno vita ad una rete la cui smagliatura, che potrebbe derivare anche dallo squilibrio economico cagionato dalla mancata riserva della vendita di tutti farmaci soggetti a prescrizione medica, costituirebbe una smagliatura dell’intera sanità nazionale.

La Corte naturalmente richiama le precedenti decisioni anche di natura comunitaria in questo senso ma lo fa, come si è detto, con superiore chiarezza e riferendosi ad una sorta di scala gerarchica dei valori in gioco nella quale la sanità pubblica occupa un gradino più alto di quello occupato dal principio di concorrenza che tanto preme non solo al Giudice Amministrativo ma anche all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

A questo proposito tanto più significativa risulta la sentenza n. 216 cui ci si sta riferendo in quanto pubblicata solo pochi giorni dopo le considerazioni dell’Autorità Garante secondo cui sul territorio dovrebbe essere garantito un numero minimo di farmacie e non già il loro numero massimo.

La circostanza che la Corte Costituzionale abbia tempestivamente riaffermato non soltanto il diritto del legislatore nazionale di pensarla diversamente, ma la razionalità di questa scelta in quanto rispondente agli interessi della sanità pubblica, deve essere salutata molto positivamente da tutti coloro che, pur riconoscendo il valore della libera concorrenza, non ne fanno un feticcio da adorare assai poco laicamente.

 


Claudio Duchi

Nato a Cremona nel 1946, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Pavia nel 1969. È avvocato dal 1975 (albo degli avvocati di Pavia) ed ha esercitato l’attività forense occupandosi principalmente di diritto sanitario e delle farmacie, anche quale redattore di riviste giuridiche specializzate. È autore di alcune monografie e di numerosi contributi, tra cui “Titolarità e gestione della farmacia privata” (Utet Periodici Scientifici, 1990), “Il riordino del settore farmaceutico” (Pirola Editore, 1991, con Francesco Cavallaro) e, da ultimo, “I reati del farmacista” (Editoriale Giornalidea, 2000). Relatore in numerosi convegni e corsi ECM destinati al settore farmaceutico, collabora stabilmente con la rivista Farmamese.
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