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Il laboratorio galenico anche in locali separati dalla farmacia

Valeria Lorenzetti
Valeria Lorenzetti
Il laboratorio galenico anche in locali separati dalla farmacia


Con sentenza n. 659/2020, pubblicata il 22.4.2020, il TAR Lombardia ha annullato il diniego reso nei confronti di una domanda di ampliamento del laboratorio galenico in locali separati avanzata da una farmacia milanese.

Più nello specifico, la società titolare dell’esercizio aveva domandato alla Amministrazione sanitaria competente l’autorizzazione all’utilizzo di un ulteriore spazio per l’attività di laboratorio, aggiuntivo rispetto a quello attualmente in uso, in un immobile fisicamente separato dai locali della farmacia e situato non solo fuori dalla sede farmaceutica, ma altresì dal territorio comunale.

A sostegno della istanza la richiedente aveva argomentato e documentato la necessità dell’ampliamento, determinata dal fatto che la farmacia provvede da sempre, oltre che alla dispensazione di specialità medicinali, all’allestimento di ogni tipo di preparazione galenica e tra queste numerose sacche per nutrizione parenterale personalizzate a misura del paziente, in esito alla aggiudicazione di gare bandite da ospedali e aziende sanitarie su tutto il territorio nazionale.

Anche per l’adempimento agli obblighi contrattuali nascenti dalle citate aggiudicazioni, la farmacia si era determinata a valutare l’ampliamento dello spazio del laboratorio, ormai insufficiente a fronte dello sviluppo dell’attività e dei progetti futuri, per poter gestire con la migliore efficienza l’intero processo di allestimento dei preparati.

Dopo aver richiesto ed ottenuto un parere dal Ministero della salute, la Amministrazione sanitaria ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta, poiché mancherebbe una norma che espressamente lo preveda, e – a suo avviso – le disposizioni di settore escluderebbero tale possibilità.

Ritenendo illegittimo ed infondato il provvedimento, la farmacia ha proposto ricorso al TAR tra l’altro lamentando la violazione e falsa applicazione delle norme richiamate dalla Amministrazione sanitaria nel provvedimento di rigetto, ed in particolare degli artt. 109, 119, 110 del Testo Unico delle Leggi sanitarie.

Il TAR, accogliendo il ricorso, ha respinto le argomentazioni della Amministrazione affermando “che, da una disamina della normativa richiamata nel provvedimento impugnato, non si ricava affatto una chiara incompatibilità in astratto della separazione fisica di una parte del laboratorio galenico con la restante parte della farmacia, né si ricava – per converso – la necessità che, ai fini del corretto espletamento del servizio farmaceutico, debba sussistere un collegamento fisico, oltre che funzionale, tra tutti i locali della farmacia, ivi inclusi quelli che nulla hanno a che vedere con l’accesso degli utenti”.

In particolare, esaminando le disposizioni richiamate il Collegio ha rilevato sinteticamente quanto segue.

Il richiamo all’art. 109 del R.D. n. 1265/1934, laddove stabilisce che nel decreto di autorizzazione è indicata la località nella quale la farmacia deve avere la sua sede, con la specificazione che «L’autorizzazione è valevole solo per la detta sede», non fornisce “ulteriori indicazioni preclusive di una articolazione della stessa su più locali, non fisicamente collegati.”

Il Collegio, quanto all’art. 110 dello stesso decreto n. 1265/1934, relativo all’ “obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all’esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un’indennità di avviamento…”, ha ritenuto che l’espressione «locali annessi» non valga a costituire un riferimento univoco a locali fisicamente collegati: in ambito giuridico, in effetti, la cosa accessoria non è legata stabilmente alla cosa principale e non è richiesto il legame fisico neppure per le pertinenze.

Il TAR ha reputato che la ratio sottesa all’art. 110 citato si spieghi proprio nel senso di rafforzare il nesso tra il farmacista imprenditore e la sua azienda, senza porre particolari limiti alla definizione di quest’ultima, in specie quanto alle sue articolazioni. Del resto, esempio di quanto detto, è rappresentato dal dispensario “che è un luogo e non un autonomo bene”; di qui: “se più sedi fisicamente separate e oggetto di distinte autorizzazioni non infrangono per ciò solo il vincolo funzionale impresso ai beni del compendio aziendale dal farmacista imprenditore, non si giustifica come tale nesso possa essere reciso per la sola dislocazione fisicamente separata di una parte del laboratorio galenico”.

Nessun ostacolo poi è stato rinvenuto nell’art. 119 del R.D. n. 1265/1934, attese le modifiche intervenute anche sul profilo della responsabilità del farmacista in ordine al regolare espletamento del servizio, che non impone più una «gestione diretta e personale dell’esercizio e dei beni patrimoniali» da parte del titolare della farmacia, e che pertanto non potrebbe rappresentare una criticità in relazione alla separatezza dei locali.

Nell’affermare quanto sopra sinteticamente riportato, la sentenza offre spunti di riflessione su di un tema sempre attuale: quello degli allestimenti galenici.

Nel difendere il diniego la Amministrazione sanitaria ha affermato, tra l’altro, che “il laboratorio che si vorrebbe allestire …, destinato alla preparazione di sacche per nutrizione parenterale in esecuzione di contratti di appalto aggiudicati in tutta Italia, nulla avrebbe a che vedere con il servizio di assistenza farmaceutica destinato al bacino di utenza, correlato alla sede farmaceutica all’oggetto della società ed alla convenzione con il SSR” e che la farmacia deve venir considerata quale “unicum anche dal punto di vista strutturale e logistico, deputato a fornire al proprio bacino d’utenza l’assistenza farmaceutica nell’ambito del SSN”.

La sentenza non ha condiviso questo ragionamento, evidenziando anzitutto che già attualmente la società ricorrente allestisce preparati galenici magistrali destinati a pazienti e strutture sanitarie fuori dalla predetta sede e tra questi le sacche nutrizionali, il cui allestimento non sarebbe ipotizzabile da parte dell’industria, ma unicamente nel laboratorio di una farmacia. Questa circostanza, legata al dato territoriale extra sede, così come quello del numero di preparazioni non può mutare la natura degli allestimenti: ove la preparazione si concreti nell’esecuzione di quanto prescritto da una ricetta magistrale, essa resta un allestimento galenico, senza trasformarsi in prodotto “industriale” di una “officina farmaceutica”, neppure indipendentemente dal numero di prodotti realizzati.

Il Collegio ha poi evidenziato che nessuna legittima restrizione della libertà di impresa appare dunque giustificabile: un vincolo sarebbe ammissibile in astratto solo a garanzia della qualità del servizio farmaceutico, ovvero per garantire ai cittadini facilità d’accesso al servizio senza discriminazioni territoriali. Nel caso in esame il TAR ha rilevato che “l’ampliamento del laboratorio galenico, … lungi dal pregiudicare la facilità di accesso al servizio erogato, è preordinato a consentire alla farmacia l’erogazione di un servizio migliore”.


Valeria Lorenzetti

Nata a Magenta nel 1978, si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano nel 2002. Ha successivamente conseguito il Diploma di Specializzazione (indirizzo forense) presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Milano (2004). È avvocato dal 2006 (albo degli avvocati di Pavia - ex ordine degli avvocati di Vigevano).
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