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Incompatibilità tra farmacisti e medici, ma fino a che punto?

Silvia Stefania Cosmo
Silvia Stefania Cosmo
Incompatibilità tra farmacisti e medici, ma fino a che punto?


La partecipazione alle società di farmacia è incompatibile con l’esercizio della professione medica, quindi, in termini generali un medico esercente la professione non può essere titolare o socio di una farmacia.

Che cosa accade, invece, se un medico è socio di una società che, a sua volta, è socia di una farmacia, oppure se il medico è membro del direttivo della predetta società oppure ancora se la società socia della società titolare della farmacia svolge attività che possa definirsi “medica”?

Sono quesiti che derivano dall’evoluzione normativa di settore che ha consentito alle società di capitale di entrare in un ambito di business fino a poco tempo fa ad esse precluso e che oggi è molto ambito soprattutto da quegli operatori del mercato che già orbitano nel sanitario strizzando l’occhio al farmaceutico.

Da qui, l’attualità dei quesiti sopra riportati e dell’indagine riferita all’art. 7 L. 362/1991 con particolare riferimento al “se” e con quali limiti, “la partecipazione alle società di farmacia è incompatibile … con l’esercizio della professione medica”.

La formulazione letterale della norma sembra riferirsi al solo socio persona fisica ma, è inevitabile, domandarsi se l’incompatibilità in questione possa o, meglio, debba, estendersi anche ai soggetti societari, tenuto conto della natura dell’attività “sanitaria” svolta dalla società o dai suoi soci oppure ancora dai suoi manager.

A rispondere al quesito soccorre il “senso” della disciplina delle incompatibilità che riguardano la farmacia e i rapporti con le altre professioni sanitarie, senso che storicamente risiede nella necessità di garantire al massimo l’indipendenza e l’autonomia della dispensazione del farmaco rispetto alla sua prescrizione.

È, infatti, con la professione medica che il possibile conflitto di interessi fra prescrizione del farmaco e dispensazione può trovare maggiormente terreno fertile: per questa ragione l’incompatibilità in questione “è posta dall’ordinamento a presidio della libertà nello svolgimento delle rispettive professioni”.

È quanto si legge nella sentenza del Tar Marche n. 106/2021 che esprime il seguente principio: la disciplina delle incompatibilità e la sua estensione a tutte le tipologie di soci – persone fisiche e non – si spiega nella volontà del legislatore, da una parte di dotare le farmacie di una solida base economico-finanziaria (con la partecipazione del capitale) e, dall’altra, di assicurare indipendenza alla professione del farmacista che deve essere autonoma rispetto ad altre professioni sanitarie.

Sì, dunque, al socio di capitale purché si rispetti l’indipendenza e l’autonomia tra l’attività di prescrizione e quella di dispensazione.

In questo contesto è interessante esaminare il caso, quasi di scuola, sottoposto al Tar in cui una srl “casa di cura privata” è unica socia della srl società titolare di farmacia. La società “casa di cura” in questione gestisce appunto case di cura per anziani e un ambulatorio medico, ha tra i componenti del consiglio di amministrazione un medico; entrambe le società hanno la stessa sede legale e lo stesso soggetto è Presidente del cda della casa di cura e amministratore unico della società titolare di farmacia.

Per il Tar “tanto basta ad estendere alla società casa di cura in qualità di socia della società titolare di farmacia, le incompatibilità previste per i farmacisti persone fisiche”, trattandosi appunto di una società che pacificamente impiega medici per l’’erogazione di servizi di diagnosi e cura ai propri assistiti.

Sul punto si legge nella sentenza che è “indubbio che la partecipazione di un medico in un organo a cui spetta la gestione della società, che a sua volte è socio unico della società titolare di farmacia, non esclude quella commistione fra gestione di una farmacia e gestione diretta o indiretta di attività medica che può dar vita ad un potenziale conflitto di interessi”.

È, dunque, il potenziale conflitto di interessi che porta il Giudice amministrativo all’estensione dell’incompatibilità ad altra società, diversa da quella titolare di farmacia.

Gli indici da cui desumere il predetto conflitto si trovano nel fatto che il socio unico – casa di cura – non si è limitato ad acquisire quote della società titolare di farmacia ma possiede anche un ruolo nella gestione della farmacia, trovandosi in posizione di controllo della società titolare, non a caso, uno stesso soggetto persona fisica, come detto, è Presidente del consiglio di Amministrazione della Casa di Cura e Amministratore unico della società titolare di farmacia.

“Se si ammettesse che attraverso la costituzione di una società, altra società in posizione di controllo (ovvero i suoi soci medici) potessero da un lato, continuare a svolgere l’attività nel settore medico-sanitario e, dall’altro lato, acquisire (sia pur indirettamente) la proprietà della farmacia”, statuisce il Tar,  si scardinerebbe “tutto il sistema delle incompatibilità voluto dal legislatore che, come già detto, va nel senso di assicurare indipendenza tra coloro che sono chiamati a prescrivere i farmaci (medici) e coloro che i medesimi farmaci dispensano (farmacisti)”.

È dunque il potenziale conflitto di interessi fra le predette attività che offre la chiave interpretativa per verificare se le situazioni descritte in apertura siano elusive della vigente disciplina in materia di incompatibilità e che funge da discrimine con riferimento ai casi di partecipazione ad una società di farmacia da parte di altra società che svolge attività di diagnosi e cura o che annovera soci o dirigenti medici per esempio con diritto di voto o poteri decisionali.

Inutile dire che ciascun caso dovrà essere vagliato attentamente e che altre pronunce si attendono in punto, ma certamente una prima chiave di lettura della norma è stata offerta ed ora sarà interessante vederne la tenuta avanti al Consiglio di Stato oltre che l’applicazione in casi più articolati.


Silvia Stefania Cosmo

Nata a Milano nel 1973, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È avvocato dal 2001 (albo degli avvocati di Milano). Dal 1998 partecipa all’insegnamento di Istituzioni di Diritto Pubblico e di diritto amministrativo presso l’Università Cattolica di Milano in qualità di cultore della materia e come guida di seminari. Dal 2000 collabora stabilmente con lo Studio Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo del quale è divenuta socia nel 2014. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Quintino Lombardo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. Il diritto amministrativo ed in particolare il diritto farmaceutico con le branche connesse sono il fulcro dell’attività professionale. È autrice di diverse pubblicazioni e di articoli in riviste di settore in ambito sanitario e farmaceutico oltre che relatore in numerosi convegni e attività di formazione. Collabora con la rivista Farma Mese
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