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La depenalizzazione della detenzione degli scaduti: una innovazione infelice

Francesco Cavallaro
Francesco Cavallaro
La depenalizzazione della detenzione degli scaduti: una innovazione infelice


Fino a ieri la detenzione di farmaci scaduti, assimilati da una costante giurisprudenza ai farmaci guasti o imperfetti, ha costituito per i titolari di farmacia una seria preoccupazione, poiché occorreva conservarli in modo da escludere con chiarezza che fossero detenuti  per il commercio: altrimenti in base all’art. 123 Tuls veniva ritenuto applicabile l’art. 443 del codice penale, sia pure nella forma colposa – cioè involontaria – di cui all’art. 452.

La legge “Lorenzin” (11 gennaio 2018 n. 3) ha disposto che la detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti venga punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 1500 ad € 3000 “se risulta che, per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio”.

Tale recentissima norma indica tre parametri sulla base dei quali è possibile escludere che gli scaduti siano destinati a venir dispensati al pubblico:

  • la modesta quantità di farmaci”;
  • le modalità di conservazione”;
  • l’ammontare complessivo delle riserve”;

ma non pare che essi possano essere considerati soddisfacenti.

Il primo ed il terzo parametro sono in realtà uno solo, poiché la “modestia” del numero degli scaduti può essere valutata solo ponendola in relazione all’”ammontare complessivo delle riserve”; in altre parole se di una data specialità viene rinvenuta una confezione scaduta, è probabile che sia destinata al commercio se non ve ne sono altre, meno probabile se ve ne sono altre dieci non scadute.

Si tratta tuttavia di un criterio assai discutibile, mentre “le modalità di conservazione” appaiono invece decisive.

Quanto a queste ultime è normale che in ogni farmacia medicinali scaduti, revocati o non vendibili per qualsiasi altra causa vengano accantonati in un luogo prestabilito (armadio, cartone) con la chiara indicazione che si tratta di prodotti non destinati alla vendita; in tali casi è stato ritenuto fino ad oggi che non sussistesse alcun illecito.

Secondo la nuova disposizione tale modalità conservazione, proprio in quanto esclude la “destinazione al commercio”, espone paradossalmente il titolare della farmacia alla sanzione amministrativa.

Si dirà che le norme debbono essere interpretate con buon senso, e che la sanzione va applicata solo nei casi in cui non sia evidente che si tratta di prodotti accantonati in quanto non destinati al pubblico: tuttavia l’espressione che si legge nel nuovo testo, in base al quale la sanzione amministrativa risulta applicabile solo se “si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio”, convince del contrario.

Mentre nei casi dubbi resta applicabile la sanzione penale di cui si è detto, quando invece sia “concretamente” possibile escludere tale destinazione, e cioè quando sulla base di precise circostanze di fatto – come in presenza di un contenitore recante la dicitura “scaduti” o analoga – si possa senz’altro escluderla, ecco che la sanzione amministrativa può (ed a nostro giudizio deve) venir applicata.

In definitiva il testo della nuova disposizione comporta la seguente alternativa:

  • se i medicinali scaduti presenti in farmacia sono conservati con modalità tali da non escludere la loro destinazione alla dispensazione al pubblico restano applicabili, come in passato, le sanzioni previste dagli articoli 443 e 452 del codice penale;
  • se invece i medicinali scaduti, per la loro quantità assoluta o relativa e/o per le modalità di conservazione, sono detenuti in modo da escludere la loro destinazione al commercio, è applicabile la sanzione amministrativa da € 1500 ad € 3000 (che può venir definita a norma dell’art. 16 della legge 689/1981 col versamento di € 1000).

La conclusione è quindi davvero sorprendente: sulla base della nuova disposizione la presenza di scaduti in farmacia espone in ogni caso il titolare ad una sanzione, benché la scadenza dei medicinali in farmacia costituisca, come è ovvio, un evento normale ed inevitabile.

Al di là delle buone intenzioni, il testo della nuova disposizione avrebbe dovuto essere oggetto di una maggiore attenzione; e non è difficile prevedere, appena i nodi verranno al pettine, un intervento correttivo da parte della Corte Costituzionale.


Francesco Cavallaro

Nato a Roma nel 1943, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1965. È avvocato dal 1969 (albo degli avvocati di Milano) e svolge l’attività professionale occupandosi principalmente degli aspetti giuridici della produzione e della distribuzione dei medicinali. Dal 1970 al 1980 ha curato la redazione di una rivista giuridica specializzata nel settore. Insieme con l’avv. Claudio Duchi ha pubblicato due raccolte di leggi in materia farmaceutica e, sempre con l’avv. Claudio Duchi, il commentario “Il riordino del settore farmaceutico”(Pirola, 1991). Ha partecipato a iniziative di formazione per laureati presso le Università di Milano e di Palermo.
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