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Le nuove farmacie dopo la riforma Monti: l’obbligo di motivazione delle delibere comunali

Silvia Stefania Cosmo
Silvia Stefania Cosmo
Le nuove farmacie dopo la riforma Monti: l’obbligo di motivazione delle delibere comunali


Con la riforma Monti, alcune amministrazioni comunali si sono letteralmente sbizzarrite nell’individuazione della collocazione territoriale delle nuove farmacie  nell’ambito del comune di pertinenza, talvolta con scelte criticabili che si sono rivelate potenzialmente problematiche  sotto il profilo economico per le farmacie già esistenti senza apportare un miglioramento  alla capillarità dell’assistenza farmaceutica sul territorio.

La norma di riferimento è il nuovo testo dell’art. 2 della legge 475/1968, nella versione sostituita dall’art.11, comma 1 lett. c) d.l. 1/2012 secondo il quale: “Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un’equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”.

La disposizione citata  individua l’esigenza, già sottolineata dal primo comma dell’art. 11 d.l. 1/2012, di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico attraverso una sua “equa” distribuzione sul territorio tenendo conto altresì della necessità di garantire “l’accessibilità” al servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha manifestato una progressiva evoluzione: l’approccio inizialmente superficiale o, se si preferisce, più pragmatico ha offerto soluzioni inizialmente frettolose e probabilmente  giustificate dal vento “proconcorrenziale” emergente dagli “obiettivi di implementazione della concorrenza” recepiti dal d.l. n. 1/2012 nell’ambito del più generale contesto delle iniziative di liberalizzazione intraprese dal Governo.

In alcune fattispecie, infatti, i giudici amministrativi si sono limitati a sentenziare la legittimità delle delibere impugnate perchè “non vi era obbligo di motivazione per la natura programmatoria dell’atto”  e, in ogni caso, “se una motivazione doveva essere ricercata”, essa andava “rinvenuta negli atti istruttori” (Tar Friuli Venezia Giulia, 3.9.2012).

Il significato della pronuncia era senz’altro quello di abdicare ai pareri della  Asl e dell’Ordine dei Farmacisti l’onere di motivazione gravante sul Comune, non  rilevando la contraddittorietà e l’irrazionalità di cui la decisione comunale era invece espressione.

Che dalla motivazione si potesse prescindere, è indirizzo anche del TAR Veneto (18.7.2012) secondo il quale “la motivazione emerge con chiarezza anche  se non perspicuamente esplicitata”; per il Collegio veneto lo stato dei luoghi consentirebbe una motivazione per così dire in re ipsa.

Un cambio di rotta comincia a manifestarsi con la pronuncia del TAR Campania del  23.7.2012 che con riferimento all’art. 2 citato così provvede: “la disposizione citata, laddove, prevede il parere obbligatorio, sebbene non vincolante, degli enti ivi indicati, non appare consentire al Comune di prescinderne, se non con idonea motivazione, che si fondi pur sempre sui criteri indicati dal legislatore”.

Infine, l’imprescindibilità della motivazione è il fulcro della decisione del TAR Sicilia – sezione staccata di Catania – secondo la quale le finalità perseguite dall’art. 2  non possono prescindere “da una ponderata istruttoria e da una correlata motivazione con la quale il Comune rappresenti il percorso valutativo che ha determinato la scelta operata”.

Sul presupposto che l’ “equa distribuzione nel territorio delle farmacie” rappresenti la finalità primaria e  “l’accessibilità al servizio” l’obiettivo secondario dell’art. 2 d. l. n. 1/2012, il rinvio ai pareri dell’Asp e dell’Ordine dei farmacisti, privi delle ragioni determinanti la scelta operata, “non consentono di trarre la stessa (motivazione) neanche, come consentito, per relationem.”

Ritiene il Collegio che “il raccordo tra le dette finalità deve necessariamente risultare da una ponderata istruttoria e da una correlata adeguata motivazione con la quale il Comune rappresenti il percorso valutativo che ha determinato la scelta operata” (Tar Sicilia, 4.3.2013).

L’adeguata istruttoria e una idonea motivazione sono, dunque, i presupposti da cui l’iniziativa comunale non può prescindere nel rispetto delle finalità stabilite dall’art. 2 cit. e dei principi generali della legge sul procedimento amministrativo.


Silvia Stefania Cosmo

Nata a Milano nel 1973, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È avvocato dal 2001 (albo degli avvocati di Milano). Dal 1998 partecipa all’insegnamento di Istituzioni di Diritto Pubblico e di diritto amministrativo presso l’Università Cattolica di Milano in qualità di cultore della materia e come guida di seminari. Dal 2000 collabora stabilmente con lo Studio Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo del quale è divenuta socia nel 2014. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Quintino Lombardo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. Il diritto amministrativo ed in particolare il diritto farmaceutico con le branche connesse sono il fulcro dell’attività professionale. È autrice di diverse pubblicazioni e di articoli in riviste di settore in ambito sanitario e farmaceutico oltre che relatore in numerosi convegni e attività di formazione. Collabora con la rivista Farma Mese
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