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Non esiste il galenico magistrale “abnorme”

Claudio Duchi
Claudio Duchi
Non esiste il galenico magistrale “abnorme”


Nel dicembre dell’ormai lontano 2009 era stata depositata una sentenza del Tribunale di Novara – Sezione di Borgomanero che aveva molto impensierito il mondo della farmacia ed in particolare dei farmacisti preparatori perché aveva condannato uno di loro alla non lieve pena di due anni e dieci mesi di reclusione avendolo riconosciuto colpevole di aver allestito galenici magistrali “abnormi”.

Era accaduto che taluni pazienti di un medico che aveva acquisito un certo giro di clientela tra chi voleva dimagrire avessero accusato lievi disturbi attribuiti all’assunzione di preparati galenici costituiti da una miscela di più sostanze utilizzate, appunto, per la riduzione del peso.

Si era trattato di disturbi cessati con la interruzione della cura ma la denuncia di alcuni di questi pazienti aveva portato all’apertura di un procedimento penale non soltanto nei confronti del medico prescrittore ma anche del farmacista preparatore.

Mentre il medico prescrittore ha ritenuto di patteggiare la pena, il farmacista aveva resistito in giudizio fondando la sua difesa su due capisaldi: aveva diligentemente spedito le prescrizioni del medico; aveva allestito i galenici magistrali prescritti perché essi riguardavano soltanto sostanze la cui utilizzazione era consentita nelle preparazioni galeniche.

Dopo un lungo processo il farmacista era stato condannato sulla scorta del concetto per cui era ben vero che aveva utilizzato soltanto sostanze consentite, ma avrebbe dovuto accorgersi che la loro miscelazione, pur prescritta dal medico, avrebbe dato vita a galenici magistrali “abnormi”.

Di qui la condanna per lesioni e per altri reati tra cui il principale quello previsto all’art. 73 del DPR n. 309/1990 per aver illecitamente prodotto e venduto sostanze stupefacenti e psicotrope, effettivamente contenute nelle preparazioni in oggetto ma la cui utilizzazione su prescrizione medica era comunque consentita.

La sentenza andava contro il costante orientamento del giudice penale che, salvi particolari casi di collusione, ha sempre preso atto dell’obbligo del farmacista di spedire la ricetta del medico senza sindacarne il contenuto salvo che si tratti di veleni, ipotesi non ricorrente nel caso in esame.

Inoltre, il giudice amministrativo, dal canto suo, ha sempre negato la legittimità dei provvedimenti ministeriali intesi a vietare nella preparazione dei galenici magistrali non già talune sostanze specificamente individuate, bensì tutte quelle dotate di certi effetti, ad esempio anoressizzanti a carattere sistemico, ritenendo che tale divieto limitasse eccessivamente la facoltà prescrittiva del medico.

Secondo la prevalente giurisprudenza, dunque, nel nostro paese la materia delle preparazioni galeniche è soggetta ad una regolamentazione molto dettagliata e perciò stringente ma, insieme, idonea a garantire il medico e soprattutto il farmacista della liceità delle preparazioni che utilizzino soltanto sostanze consentite.

Per questa ragione la sentenza del Giudice di Borgomanero aveva suscitato molto allarme poiché aveva inferto uno strappo nel panorama giurisprudenziale che poteva costituire un precedente assai pericoloso, nonostante la perifericità dell’ufficio giudiziario da cui proveniva.

Ora tale strappo è stato ricucito dalla sentenza della Corte di Appello di Torino del 13.5.2016 il cui dispositivo, stabilendo che il fatto non costituisce reato, non lascia dubbi sul rifiuto del concetto di galenico magistrale “abnorme”.

La sentenza è importante perché proviene da un ufficio giudiziario autorevole e perché ha stabilito l’innocenza dell’imputato nonostante il reato fosse pacificamente prescritto e quindi fosse più semplice dichiararne l’estinzione.

Se così fosse accaduto, tuttavia, implicitamente la Corte di Appello di Torino avrebbe riconosciuto che l’innocenza dell’imputato non risultava di immediata evidenza avallando, sia pure indirettamente, la tesi per cui il concetto di galenico magistrale “abnorme” può avere cittadinanza nel nostro ordinamento.

Si tratta di un esito di cui tutti i farmacisti si debbono rallegrare perché contribuisce a dare più certezza al loro lavoro.


Claudio Duchi

Nato a Cremona nel 1946, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Pavia nel 1969. È avvocato dal 1975 (albo degli avvocati di Pavia) ed ha esercitato l’attività forense occupandosi principalmente di diritto sanitario e delle farmacie, anche quale redattore di riviste giuridiche specializzate. È autore di alcune monografie e di numerosi contributi, tra cui “Titolarità e gestione della farmacia privata” (Utet Periodici Scientifici, 1990), “Il riordino del settore farmaceutico” (Pirola Editore, 1991, con Francesco Cavallaro) e, da ultimo, “I reati del farmacista” (Editoriale Giornalidea, 2000). Relatore in numerosi convegni e corsi ECM destinati al settore farmaceutico, collabora stabilmente con la rivista Farmamese.
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