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Tamponi rapidi, prelievi, vaccinazioni

Quintino Lombardo
Quintino Lombardo
Tamponi rapidi, prelievi, vaccinazioni


Già da qualche anno, com’è noto, la farmacia non è più soltanto luogo del consiglio e della dispensazione del farmaco, ma struttura per l’erogazione di servizi sanitari (Legge n. 69/2009, D. LGS. n. 153/2009 e successivi decreti ministeriali d’attuazione sui servizi infermieristici, fisioterapici e di cd. autodiagnosi), anche se in un contesto ancora per molti versi sperimentale per ciò che riguarda l’attività erogabile a carico del SSN (cfr. Accordo Conferenza Stato Regioni e Province autonome del 17-10-2019, prot. n. 167).

Il contrasto alla pandemia da COVID—19, che ha visto le farmacie in prima linea con gli altri professionisti e operatori della salute, ha poi ulteriormente concretizzato e accentuato tale vocazione, tanto che nel dibattito pubblico delle scorse settimane si è molto discusso della possibile utilizzazione della rete delle farmacie nelle campagne di screening e di vaccinazione della popolazione. Alcune regioni sono andate più avanti di altre, con provvedimenti amministrativi e stipulando nuovi accordi; tuttavia, non senza dubbi e critiche da parte di qualcuno: che la farmacia facesse … la farmacia e si limitasse a dispensare i medicinali, perché altri sarebbero i luoghi dell’attività sanitaria, secondo una lettura dal dato normativo da ritenersi definitivamente superata.

D’altra parte, il nuovo ruolo della farmacia nel campo dei servizi sanitari è stato più volte affermato anche nella giurisprudenza, da ultimo con l’ampia sentenza del Consiglio di Stato n. 111/2021 che, nel definitivamente confermare la sentenza del TAR Lazio n. 1704/2012, ha ripercorso tutto il “quadro normativo evolutivo” e la definizione dei “nuovi” compiti e funzioni assistenziali consentiti alle farmacie pubbliche e private (Corte Costituzionale, sentenza n. 66/2017), per riconoscere “il nuovo ruolo che le fonti primarie hanno conferito alla farmacia (ed al farmacista) nel contesto del sistema nazionale di tutela della salute, con riferimento:

  • alla “Farmacia di Comunità, intesa come Presidio sociosanitario polivalente, [che] assolve appieno alla necessità della popolazione aumentando la fruibilità dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)”;
  • e, più in generale, ad una rimodulazione del ruolo della farmacia, non più astretto nella funzione “commerciale” di erogazione dei farmaci, ma, più vastamente, definibile quale “Centro sociosanitario polifunzionale a servizio delle comunità nonché come punto di raccordo tra Ospedale e territorio e front office del Servizio Sanitario Nazionale”.

I commi 418, 419, 420 e 471 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2021 (L. 30 dicembre 2020, n. 178) sono intervenuti in piena coerenza con l’assetto normativo sopra richiamato e da ultimo fatto proprio anche dal Consiglio di Stato, consolidando così la nuova vocazione della farmacia di comunità quale “centro sanitario polifunzionale” e sancendo con chiarezza, semmai ve ne fosse stato bisogno, la legittima utilizzabilità delle farmacie per funzioni di screening e di prevenzione anche vaccinale del COVID-19, parimenti a quanto accade in numerosi paesi europei.

In particolare, i commi 418 e 419 rispettivamente stabiliscono che “i test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e i tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARSCoV-2 possono essere eseguiti anche presso le farmacie aperte al pubblico dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza” e che “le modalità organizzative e le condizioni economiche relative all’esecuzione dei test e dei tamponi di cui al comma 418 del presente articolo nelle farmacie aperte al pubblico sono disciplinate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dalle convenzioni di cui all’articolo 8, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e ai correlati accordi regionali, che tengano conto anche delle specificità e dell’importanza del ruolo svolto in tale ambito dalle farmacie rurali”.

Il comma 420 interviene sull’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 153/2009, inserendo la lettera e-ter) per prevedere “l’effettuazione presso le farmacie da parte di un farmacista di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare”, così consentendo la legittima utilizzazione in farmacia non solo dei test diagnostici con auto-prelievo del sangue capillare da parte del paziente.

Il comma 471, infine, dispone che, sempre in attuazione della disciplina della farmacia dei servizi, “e tenuto conto delle recenti iniziative attuate nei Paesi appartenenti all’Unione europea finalizzate alla valorizzazione del ruolo dei farmacisti nelle azioni di contrasto e di prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, è consentita, in via sperimentale, per l’anno 2021, la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico sotto la supervisione di medici assistiti, se necessario, da infermieri o da personale sanitario opportunamente formato, subordinatamente alla stipulazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di specifici accordi con le organizzazioni sindacali rappresentative delle farmacie, sentito il competente ordine professionale”.

In opportuna coerenza con il fatto ci troviamo nell’ambito di attività fondamentali di tutela della salute pubblica, come si vede, la scelta del legislatore è stata di subordinare l’erogazione dell’attività di screening e, a maggior ragione, di somministrazione dei vaccini, alla stipula di specifici accordi convenzionali, statali e regionali, con i quali dovranno essere disciplinate le modalità organizzative e le condizioni economiche di tali servizi, fermo restando che, ovviamente, serviranno spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e di garanzia della riservatezza dei pazienti, mentre l’attività di somministrazione del vaccino potrà essere svolta soltanto sotto la supervisione del medico, se necessario con il supporto dell’infermiere o di altro personale sanitario.

Stabiliti questi principi, se gli obiettivi sono quelli, in teoria condivisi da tutti, di disporre del più ampio sistema di screening e di vaccinare – quando saranno disponibili i vaccini della tipologia e nelle quantità adeguate – il più elevato numero di persone possibile nel più breve tempo possibile, la rete delle farmacie di comunità potrà costituire uno strumento utilissimo per l’ampliamento e il supporto della rete dei centri vaccinali.

È da augurarsi allora che il contenuto degli accordi in discussione sia sempre coerente con tali obiettivi, non solo per gli aspetti di sostenibilità economica, ma prima ancora per quelli organizzativi. Sotto tale profilo, come sappiamo, la realtà delle farmacie sul territorio è variegata: non tutte dispongono di spazi, di mezzi e di personale adeguato a compiti così impegnativi. Se ciò sarà ritenuto utile alla campagna vaccinale, insomma, sarebbe opportuno che gli accordi contenessero quel grado di flessibilità necessaria a farvi partecipare tutte le farmacie che desiderassero portare il proprio contributo professionale, anche utilizzando locali esterni alla farmacia stessa o condividendo il personale sanitario destinato allo screening o alle vaccinazioni.

È assodato, e una volta di più alla luce delle nuove norme, che neppure la collaborazione e il coordinamento con i medici e con gli altri professionisti e operatori sanitari può ormai ritenersi tabù per la farmacia, trattandosi al contrario di un assetto doveroso per il “centro sanitario polifunzionale” che la farmacia è diventata. Ai medici spetterà senz’altro la debita “supervisione” professionale nella somministrazione dei vaccini nell’ambito della farmacia aperta al pubblico; su quest’ultima, in definitiva, graveranno oneri e onori dell’attività erogata grazie anche al personale a ciò dedicato, in debito adempimento degli schemi organizzativi che saranno stabiliti negli accordi e con l’auspicio, ovviamente, della migliore chiarezza possibile in proposito.


Quintino Lombardo

Quintino Lombardo ha conseguito la laurea in Giurisprudenza cum laude presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1992, quale alunno borsista del Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” della Federazione Nazionale dei Cavalieri del lavoro. È avvocato dal 1995 e da subito ha indirizzato la propria attività professionale nell’ambito del diritto delle farmacie, della sanità pubblica e privata, dei prodotti farmaceutici e parafarmaceutici. Nel 2003 è entrato in Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo – Studio Legale in Milano e Roma. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Silvia Stefania Cosmo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. È autore di numerosi interventi sulla stampa specializzata del settore farmaceutico. Ha pubblicato “La nuova farmacia del Decreto Monti – Guida alla riforma del servizio farmaceutico” (Tecniche Nuove, 2012), “Il passaggio della farmacia - Di padre in figlio e non solo” (Puntoeffe editore, 2010). Collabora stabilmente con la rivista iFARMA (iFARMA Editore – Gruppo Proedi, Milano).
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