Fino al 14 febbraio 2018 l’esercizio abusivo della professione era punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da € 103 ad € 516, cioè con pene che potevano risultare, nei casi meno gravi, decisamente miti, e che venivano applicate tanto ai diretti responsabili quanto a coloro che consentivano o favorivano tale esercizio, come ad esempio al dentista che avesse permesso all’odontotecnico di andare al di là delle sue competenze.
La nuova disposizione distingue tra due posizioni e prevede:
- per chi eserciti abusivamente la professione la reclusione da sei mesi a tre anni, e la multa da € 10.000 ad € 50.000, il sequestro delle attrezzature nonché l’interdizione da uno a tre anni dalla professione da parte dell’Ordine o registro al quale sia eventualmente iscritto;
- per chi abbia determinato o diretto l’esercizio abusivo della professione la reclusione da uno a cinque anni e la multa da € 15.000 ad € 75.000; non è invece prevista la interdizione dalla professione e tale asimmetria suscita perplessità, lasciando aperta la questione se la interdizione debba o non debba essere applicata, dato che in mancanza di una pena chiaramente stabilita (art. 1 del codice penale) nessuna sanzione è applicabile.
Su questo punto va tenuto presente che l’interdizione da una professione è una pena accessoria che può essere irrogata solamente da un giudice, ed è quindi singolare che ne venga prevista la irrogazione da parte dell’Ordine professionale, tanto più che tra le sanzioni disciplinari che possono venir inflitte dagli ordini (avvertimento, censura, sospensione e radiazione) l’interdizione non è ricompresa; c’è quindi da chiedersi fino a che punto tale previsione legale risulterà effettivamente praticabile.
La questione assume particolare rilievo ove si consideri che in base all’art 14 della legge 475/1968 una condanna che comporti l’interdizione dalla professione determina la decadenza dalla titolarità della farmacia.
A prescindere da ciò la gravità delle nuove sanzioni penali in materia impone ai titolari o direttori delle farmacie di essere ancora più vigili di prima ed evitare di affidare la dispensazione dei farmaci, con e senza ricetta, a persone diverse da quelle iscritte all’albo dei farmacisti, sia che si tratti di personale non laureato, sia che si tratti di studenti in farmacia, o addirittura di laureati, ma non ancora iscritti all’albo.