Come noto la normativa di settore prevede che le farmacie di cui sia titolare il comune possano essere gestite:
- in economia;
- a mezzo di azienda speciale;
- a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari;
- a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità.
È, tuttavia, lo stesso legislatore che ha previsto, in aggiunta, forme di gestione diverse rispetto a quelle citate che, dunque, non sono da intendersi come tassative.
La gestione del servizio farmaceutico comunale può, infatti, avvenire mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house) e questo in coerenza con l’evoluzione delle norme sul funzionamento degli enti pubblici – come il comune – che ha assegnato a questi ultimi nuovi strumenti per svolgere le funzioni loro assegnate.
La gestione in house è peraltro consentita a condizione che il Comune eserciti sulla società un “controllo analogo” a quello che eserciterebbe su proprie strutture organizzative.
Non vi è dubbio poi che il servizio farmaceutico possa essere esercitato tramite società miste pubblico/private; strumento ulteriore rispetto alla previsione della gestione affidata a società costituite esclusivamente tra il comune e i farmacisti dipendenti.
Infine, pur non potendosi estendere alle farmacie comunali tutte le regole dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica, non può oramai più ritenersi escluso l’affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica.
In altre parole, la gestione della farmacia comunale può avvenire mediante l’affidamento in concessione a terzi attraverso gare o procedure comparative ad evidenza pubblica; strumenti che oramai costituiscono la modalità ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un servizio pubblico.
È proprio sulla gestione tramite concessione che il Consiglio di Stato è intervenuto con il parere 687/2022 precisando che la dissociazione tra titolarità – che resta affidata al comune – e gestione – che viene affidata ad un terzo scelto tramite pubblica gara – non crea un ostacolo insormontabile all’adozione del modello concessorio.
Inoltre, con riguardo al profilo che attiene alla tutela della salute e al mantenimento in capo al comune delle proprie prerogative di ente che persegue l’interesse dei cittadini, il parere precisa che quest’ultimo “può essere garantito dalle specifiche regole di gara e, più precisamente, dagli obblighi di servizio pubblico da imporre al concessionario, idonei a permettere un controllo costante sull’attività del gestore e garantire standard adeguati di tutela dei cittadini”.
In questo modo, nonostante l’affidamento a terzi, il comune può garantire il perseguimento del “fine pubblico” e porsi perfettamente in linea con il principio comunitario di proporzionalità che ammette restrizioni al regime di piena concorrenza ai soli casi in cui risulti strettamente necessario.