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Anche le sedi di nuova istituzione sono “vacanti”

Francesco Cavallaro
Francesco Cavallaro
Anche le sedi di nuova istituzione sono “vacanti”


Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. III^, n. 3249 del 12.6.2013) merita di essere segnalata non per la soluzione di complessi problemi giuridici, quanto per i condivisibili chiarimenti lessicali sulla base dei quali ha disposto la riforma della sentenza n. 328/12 della Sezione di Parma del TAR per l’Emilia Romagna.

Il tema in discussione era quello del significato della espressione “sedi farmaceutiche istituite in attuazione del comma 1 o comunque vacanti”, contenuta nell’art. 11 della legge 27/2012, in relazione all’eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte dei comuni, nell’ambito di una revisione della pianta organica effettuata secondo le modalità tradizionali malgrado l’entrata in vigore della citata legge 27/2012.

I ricorrenti, farmacisti non titolari, sostenevano infatti che il provvedimento fosse stato adottato dalla Provincia allo scopo di consentire ai comuni l’esercizio del diritto prelazione su alcune sedi, eludendo così il divieto di cui alla nuova legge.

Il TAR ha respinto il ricorso sostenendo che il termine “vacante” si riferisce ad una sede rimasta priva di titolarità, ma che “le sedi farmaceutiche derivanti dalla revisione della pianta organica e offerte in prelazione ai Comuni non possono considerarsi vacanti essendo di nuova istituzione”.

Il Consiglio  di Stato non ha condiviso la tesi del TAR sul significato della parola “vacante”.

Dopo un breve riferimento alla “funzione esplicativa ed esemplificativa” dei dizionari di uso comune la sentenza afferma che “5.4. In realtà, nel linguaggio giuridico comune l’espressione “posto vacante” ha, pacificamente e da sempre, il significato più esteso sostenuto dai ricorrenti e non quello più restrittivo affermato dal T.A.R.. Nella materia del pubblico impiego vi è una sterminata casistica dell’uso ampio ed inclusivo della locuzione “posto vacante”, sia nei testi normativi, sia nelle massime di giurisprudenza(…)

La controprova è che non esiste un termine tecnico appropriato per indicare quei posti che, pur essendo privi di titolare, stando alla tesi del T.A.R. non si potrebbero denominare “vacanti”, e che ovviamente non sono neppure “non vacanti”.

5.5. Etimologicamente, il termine “vacante” deriva com’è noto dal verbo “vacare”, disusato in italiano, ma che in latino significa essere vuoto (vacuus), e per estensione essere libero (vacare vitio, essere esente da vizio), senza distinguere se tale stato di fatto duri sin dall’origine ovvero dipenda da vicende sopravvenute. Anche nel codice di diritto canonico, quando si parla di officium vacans il contesto rende palese che ci si riferisce indifferentemente ad entrambe le ipotesi (canoni 153, 155).

Anche per questa via si smentisce la tesi lessicale affermata dal T.A.R..

 5.6. Tornando al testo letterale dell’art. 11 del decreto legge n. 1/2012, poi, è ulteriormente significativo che il legislatore abbia abbinato alla parola “vacante” (già di per sé insuscettibile dell’interpretazione limitativa accolta dal T.A.R.) l’avverbio “comunque”. Esso, pur essendo sostanzialmente superfluo, tuttavia palesa l’intenzione di sottolineare ancora l’ampiezza del termine usato e di eliminare ogni possibilità di equivoco. Invero in quel contesto “comunque” sta per: “quale che sia la causa per cui la sede è priva di titolare”.

5.7. L’intenzione così palesata dal legislatore mediante un uso non equivoco delle parole è coerente con lo scopo perseguito dall’intero decreto legge.

Esso contiene, com’è noto, disposizioni relative a materie assai disparate, ma tutte accomunate dall’intento politico enunciato dall’intitolazione del decreto legge: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività».

Si comprende che l’aumento del numero delle farmacie e una sia pur minima apertura verso una certa liberalizzazione del settore rispondono, nella mente del legislatore, non solo e non tanto allo scopo di migliorare il servizio reso all’utenza, quanto a quello di offrire nuove possibilità all’iniziativa imprenditoriale e alla concorrenza. Da questo punto di vista si spiega dunque che il legislatore abbia temporaneamente interdetto la facoltà dei Comuni di assumere la gestione di un certo numero di farmacie, sottraendole all’iniziativa privata. Dunque la disposizione: «sulle sedi farmaceutiche istituite in attuazione del comma 1 o comunque vacanti non può essere esercitato il diritto di prelazione da parte del comune», non può essere oggetto di capziose forzature interpretative che contraddirebbero tanto il senso proprio delle parole usate, quanto lo scopo palese dell’intero intervento normativo.

Come si è visto la motivazione affronta la questione inizialmente in tono leggero, e quasi sorridente quando richiama il codice di diritto canonico; poi il discorso si fa più serio e si conclude con espressioni insolitamente severe nei confronti della sentenza del Tar.

In effetti anche per lettori più frettolosi e meno attrezzati la tesi che le sedi di recente istituzione e ancora prive di titolare non rientrassero tra quelle vacanti era sembrata assai bizzarra.


Francesco Cavallaro

Nato a Roma nel 1943, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1965. È avvocato dal 1969 (albo degli avvocati di Milano) e svolge l’attività professionale occupandosi principalmente degli aspetti giuridici della produzione e della distribuzione dei medicinali. Dal 1970 al 1980 ha curato la redazione di una rivista giuridica specializzata nel settore. Insieme con l’avv. Claudio Duchi ha pubblicato due raccolte di leggi in materia farmaceutica e, sempre con l’avv. Claudio Duchi, il commentario “Il riordino del settore farmaceutico”(Pirola, 1991). Ha partecipato a iniziative di formazione per laureati presso le Università di Milano e di Palermo.
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