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La farmacia dei servizi – approvato il decreto, più integrazione con il SSN

Quintino Lombardo
Quintino Lombardo
La farmacia dei servizi – approvato il decreto, più integrazione con il SSN


Nella seduta del 2 ottobre scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo intitolato “Nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali”, che nel momento in cui scrivo queste note è ancora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Il Governo ha quindi fornito tempestiva attuazione alla delega contenuta nell’art. 11 della legge n. 69/2009, modificando ed integrando la disciplina in vigore in modo da delineare, per via normativa e non più solo negli auspici, l’atteso nuovo modello di “farmacia dei servizi”. L’obiettivo di ampliare l’attività dei presidi mediante una maggiore integrazione della rete delle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale è evidente fin dall’esordio.

L’art. 1 del decreto, infatti, esplicitamente precisa che con le nuove norme “si provvede alla definizione dei nuovi compiti e funzioni assistenziali delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, di seguito denominate farmacie e alle correlate modificazioni della disposizioni recate dall’articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni”, palesando la scelta di intervenire innanzitutto sulla disciplina degli accordi collettivi, nazionale e regionali, ai quali è affidato il compito di regolare il più vasto ambito delle prestazioni che le farmacie saranno chiamate a svolgere in favore della popolazione, in aggiunta a quella “tradizionale” di dispensazione dei medicinali.

A tal riguardo è innanzitutto opportuno sottolineare come, mentre l’attività di dispensazione dei medicinali costituisce un diritto e nello stesso tempo un obbligo ineludibile, nel rispetto delle norme vigenti, per ciascuna farmacia aperta al pubblico, tutte ex lege convenzionate con il Ssn, per i “nuovi compiti e funzioni assistenziali” previsti dal decreto la questione si porrà in termini diversi. Da una parte, infatti, nel definire il contenuto dei nuovi servizi assicurati dalle farmacie “nel rispetto di quanto previsto dai piani socio sanitari regionali”, l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo fa espressamente salva la necessità della “previa adesione del titolare di farmacia”.

Ne consegue che l’attivazione in farmacia dei nuovi servizi è il frutto di una libera scelta del titolare e non costituisce un obbligo a carico di quest’ultimo, né potrebbe a mio avviso divenirlo in ragione di qualche differente previsione di accordo collettivo nazionale o regionale.

Dall’altra parte, per converso, va pure osservato che l’attivazione in farmacia dei nuovi servizi previsti non costituisce un diritto o una facoltà incondizionata del titolare. Toccherà infatti agli accordi nazionali ed agli accordi a livello regionale, secondo quanto prevede l’art. 1, comma 4, del decreto stabilire “i requisiti richiesti alle farmacie per la partecipazione alle attività” relative ai nuovi servizi. In particolare, la nuova lettera c-ter) dell’art. 8 del D. LGS. n. 502/1992, introdotta dall’art. 2 del decreto, specifica che gli accordi regionali “definiscono, altresì, le caratteristiche strutturali e organizzative e le dotazioni tecnologiche minime in base alle quali individuare le farmacie con le quali stipulare accordi contrattuali finalizzati alla fornitura dei servizi di secondo livello …”; mentre per quanto riguarda le farmacie pubbliche, l’art. 1, comma 3, del decreto legislativo ne prevede l’adesione subordinatamente “all’osservanza di criteri fissati con decreto del ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, sentito il ministro dell’Interno, in base ai quali garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di patto di stabilità dirette agli enti locali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e senza incrementi di personale”.

In altre parole, per erogare i “nuovi servizi” previsti – e soprattutto quelli di secondo livello, destinati a pazienti specifici su prescrizione del medico, per i quali potranno essere coinvolti infermieri e fisioterapisti – non sarà sufficiente l’adesione del titolare, ma sarà necessario che la farmacia rispetti i particolari requisiti strutturali ed organizzativi che saranno stabiliti negli accordi collettivi nazionali e regionali per tutte o per taluna delle relative attività, mentre per le farmacie pubbliche occorrerà anche l’osservanza dei criteri che saranno fissati per garantire il rispetto del cd.“patto di stabilità”da parte degli enti locali. Ne consegue che, per l’erogazione dei nuovi servizi, potranno rendersi necessari specifici investimenti diretti all’adeguamento della struttura e dell’organizzazione della farmacia, risultando quindi possibile che restino escluse dall’erogazione dei servizi per conto del Ssn le farmacie che non vorranno o non potranno vantare l’organizzazione tecnico aziendale prescritta.

Nuovi accordi collettivi

Già da questi primi cenni, si comprende bene come il prossimo rinnovo convenzionale, o per meglio dire la stipula del nuovo accordo collettivo tra il Ssn e le associazioni dei titolari di farmacia pubbliche e private ai sensi dell’art. 8 del D. LGS. n. 502/1992 e successive modificazioni, risulti di ancor più grande importanza e non solo perché tale accordo“definisce i principi e i criteri per la remunerazione, da parte del Servizio sanitario nazionale, delle prestazioni e delle funzioni assistenziali” di cui stiamo parlando.

La scelta del legislatore delegato è stata infatti quella di valorizzare al massimo il sistema degli accordi collettivi (nazionale e regionali), ai quali è affidato il compito di disciplinare in dettaglio le modalità di svolgimento dei “nuovi compiti e funzioni assistenziali” delle farmacie operanti in convenzione con il Ssn, i requisiti organizzativi e strutturali delle farmacie aderenti, i principi ed i criteri di remunerazione.

Ciò è vero anche per la principale tra le novità recate dal decreto legislativo, cioè la prevista partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI) a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta.

Qui la norma delegata prevede già criteri abbastanza dettagliati (ma temo non mancheranno controversie applicative) per la “presa in carico” del paziente da parte dell’una o dell’altra farmacia, prevedendo che

“l’azienda unità sanitaria locale individua la farmacia competente all’erogazione del servizio per i pazienti che risiedono o hanno il proprio domicilio nel territorio in cui sussiste condizione di promiscuità tra più sedi farmaceutiche, sulla base del criterio della farmacia più vicina, per la via pedonale, all’abitazione del paziente; nel caso in cui una farmacia decida di non partecipare all’erogazione del servizio di assistenza domiciliare integrata, per i pazienti residenti o domiciliati nella relativa sede, l’azienda unità sanitaria locale individua la farmacia competente sulla base del criterio di cui al precedente periodo”.

Nell’ambito della partecipazione al servizio di ADI, le farmacie potranno dispensare e consegnare a domicilio i farmaci necessari al paziente, nonché preparare e dispensare a domicilio le miscele per la nutrizione artificiale ed i medicinali antidolorifici, dispensare i medicinali in distribuzione diretta per conto delle strutture sanitarie e mettere a disposizione del paziente “operatori socio sanitari, infermieri e fisioterapisti” per l’effettuazione a domicilio di specifiche prestazioni professionali richieste dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta.

Sebbene non si sia ancora giunti alla formale modifica dell’art. 102 del Testo Unico delle Leggi sanitarie, è comunque aperta alle farmacie la via della collaborazione con altri professionisti sanitari e con gli infermieri, dei quali tra l’altro la farmacia potrà direttamente avvalersi non soltanto nell’ambito dell’offerta dei servizi di ADI, ma anche nell’erogazione in farmacia di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, “in coerenza con le linee guida ed i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche patologie, su prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta”, sebbene nei limiti ed in conformità alle norme specifiche che saranno emanate con apposito decreto ministeriale.

Spetterà tuttavia agli accordi regionali, come si diceva, definire “le condizioni e le modalità di partecipazione delle farmacie ai predetti servizi di secondo livello”, mentre è espressamente disposto che “la partecipazione alle campagne di prevenzione può prevedere l’inserimento delle farmacie tra i punti forniti di defibrillatori semiautomatici” e che, sempre tra i servizi di secondo livello, siano effettuati “prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto di natura non regolamentare … restando in ogni caso esclusa l’attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti”.

Ugualmente agli accordi collettivi è affidata l’individuazione delle modalità di “collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, a favorire l’aderenza dei malati alle terapie mediche, anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di farmacovigilanza”, con i criteri organizzativi degli “appositi programmi di formazione” per i farmacisti che partecipano a tale servizio.

Sempre agli accordi collettivi è affidata “la definizione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano”; nonché, infine, la definizione delle “modalità con cui nelle farmacie gli assistiti possano prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino, nonché ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale effettuate presso le strut- ture sanitarie pubbliche e private accreditate”.

Indennità di residenza per le rurali

Più che riordinare la materia dell’indennità di residenza per le farmacie rurali, l’art. 4 del decreto legislativo ne dispone la delegificazione, modificando il contenuto dell’art. 2 della legge n. 221/1968 ed anche in questo caso valorizzando ulteriormente la funzione dell’accordo collettivo nazionale ex art. 8 D. LGS n. 502/1992.

È infatti a tale accordo che è affidato il compito di stabilire (comma 1) “i criteri da utilizzare da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per la determinazione dell’indennità di residenza prevista dall’articolo 115 del testo unico delle leggi sanitarie approvate con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, in favore dei titolari delle farmacie rurali”, precisando che “i predetti criteri tengono conto della popolazione della località o agglomerato rurale in cui è ubicata la farmacia, nonché di altri parametri indicatori di disagio, in relazione alla localizzazione delle farmacie nonché all’ampiezza del territorio servito”.

La disciplina dell’indennità di residenza (anche quale requisito per l’applicazione delle aliquote agevolate di sconto obbligatorio in favore del Ssn ex art. 1, comma 40, della L. n. 662/1996 e successive modifiche) risulta ancora oggi, dunque, tutta da scrivere nell’ambito dell’accordo collettivo nazionale, ferma restando la competenza legislativa regionale di dettaglio. Ed è verosimile ritenere che la materia sarà oggetto di sostanziali modifiche, anche se “fino a quando non viene stipulato l’accordo collettivo nazionale di cui al primo comma, l’indennità di residenza in favore dei titolari delle farmacie rurali continua ad essere determinata sulla base delle norme preesistenti”.

La disciplina degli incentivi e delle agevolazioni spettanti alle farmacie rurali diventa quindi un’altra importante questione di negoziato convenzionale, che il sindacato sarà chiamato ad affrontare con la più grande attenzione.


Quintino Lombardo

Quintino Lombardo ha conseguito la laurea in Giurisprudenza cum laude presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1992, quale alunno borsista del Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” della Federazione Nazionale dei Cavalieri del lavoro. È avvocato dal 1995 e da subito ha indirizzato la propria attività professionale nell’ambito del diritto delle farmacie, della sanità pubblica e privata, dei prodotti farmaceutici e parafarmaceutici. Nel 2003 è entrato in Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo – Studio Legale in Milano e Roma. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Silvia Stefania Cosmo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. È autore di numerosi interventi sulla stampa specializzata del settore farmaceutico. Ha pubblicato “La nuova farmacia del Decreto Monti – Guida alla riforma del servizio farmaceutico” (Tecniche Nuove, 2012), “Il passaggio della farmacia - Di padre in figlio e non solo” (Puntoeffe editore, 2010). Collabora stabilmente con la rivista iFARMA (iFARMA Editore – Gruppo Proedi, Milano).
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