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Ma la pianta organica esiste ancora?

Silvia Stefania Cosmo
Silvia Stefania Cosmo
Ma la pianta organica esiste ancora?


La recente conversione in legge del D.L. 24.01.2012, n. 1 ha determinato un fermento interpretativo notevole perché le novità introdotte sono molte e alcune di esse hanno una portata dirompente per le farmacie.

Una delle innovazioni normative che più di altre balzano all’occhio e sulle quali conviene svolgere alcune brevi riflessioni riguarda la pianificazione territoriale del servizio farmaceutico.

Occorre richiamare l’art. 11 comma 1 lett. c) d.l. n. 1/2012 che ha sostituito l’art. 2 della legge 475/1968 perché è la norma che ha introdotto la questione della sopravvivenza o meno della pianta organica delle farmacie ovvero dello strumento di pianificazione per eccellenza, attraverso il quale il legislatore garantisce la capillarità della distribuzione degli esercizi sul territorio.

Il nuovo art. 2 L. 475/68 sia pur esprimendo l’esigenza di assicurare “una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico” attraverso una “equa distribuzione sul territorio”, garantendo “l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”, abbandona l’espressione “pianta organica” prediligendo quella di “zona” .

Si legge infatti nella norma che “il comune … … identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie”.

Sul punto è intervento con la nota ministeriale del 21.3.2012 l’Ufficio legislativo del Ministero della Salute affermando che la nuova norma “è inequivocabilmente, diretta ad eliminare la “pianta organica” delle farmacie e le procedure alla stessa correlate”.

Secondo l’Ufficio dovrebbe ritenersi abbandonata la tradizionale procedura di suddivisione di tutto il territorio comunale

“in tante aree quante sono le farmacie spettanti al comune in base alla popolazione residente, con la necessità, in caso di istituzione di nuove farmacie, non solo di individuare esattamente il perimetro del territorio attribuito a ciascun nuovo esercizio, ma anche di modificare il perimetro delle sedi delle farmacie già operanti, al fine di ritagliare il territorio di pertinenza delle nuove”.

In sua vece dovrebbe ora applicarsi la seguente nuova procedura:

“per quanto riguarda la localizzazione spetta ora al comune, sentiti la Asl e l’Ordine provinciale dei farmacisti competenti per territorio, “identificare” le zone nelle quali collocare le nuove farmacie. Questa attività è svincolata dalla necessità di definire esattamente un territorio di astratta pertinenza di ciascun nuovo esercizio e non incontra limiti nella perimetrazione delle sedi già aperte, dovendo soltanto assicurare “equa distribuzione sul territorio” degli esercizi e tener conto dell’esigenza di “garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”.

Conclude, infine, la nota affermando che “l’individuazione delle “zone” può quindi avvenire anche in forma assai semplificata (ad esempio indicando una determinata via e le strade adiacenti)”, sia pur con il rispetto di una distanza dagli altri esercizi non inferiore a duecento metri.

L’interpretazione dell’Ufficio si espone a molte critiche, innanzitutto perché mal si concilia non solo con le norme “sopravvissute”, statali e regionali, che espressamente fanno riferimento alla “sede” della farmacia (per esempio in tema di trasferimento art. 1 comma 3 L. 475/68 o di decentramento art. 5 L. 362/91) o alla revisione della pianta organica, ma addirittura con le stesse norme di recente introduzione (il comma 2 dell’art. 11 prescrive che “ciascun comune individua le nuove “sedi”).

In seconda battuta non può sfuggire che un’interpretazione di tal fatta se da un lato ostenta una semplificazione della procedura d’individuazione della “zona” della farmacia, cosa di cui si dubita, dall’altra rischia di diventare per il farmacista un vincolo fortemente limitativo laddove volesse spostarsi o modificare la circoscrizione territoriale di pertinenza.

Il rischio, inoltre, è quello concreto di una grossolana individuazione delle sedi da parte dei comuni, che poi ne renda complicata la scelta e l’apertura da parte dell’aggiudicatario, con conseguente ritardo e danno.

La “pianta organica” dunque esiste ancora: anche se magari con un nome differente, le ragioni della corretta pianificazione territoriale del servizio farmaceutico restano intatte e invariate.

Articolo pubblicato sul Supplemento Veneto di Punto Effe n.08 del 10/5/2012


Silvia Stefania Cosmo

Nata a Milano nel 1973, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È avvocato dal 2001 (albo degli avvocati di Milano). Dal 1998 partecipa all’insegnamento di Istituzioni di Diritto Pubblico e di diritto amministrativo presso l’Università Cattolica di Milano in qualità di cultore della materia e come guida di seminari. Dal 2000 collabora stabilmente con lo Studio Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo del quale è divenuta socia nel 2014. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Quintino Lombardo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. Il diritto amministrativo ed in particolare il diritto farmaceutico con le branche connesse sono il fulcro dell’attività professionale. È autrice di diverse pubblicazioni e di articoli in riviste di settore in ambito sanitario e farmaceutico oltre che relatore in numerosi convegni e attività di formazione. Collabora con la rivista Farma Mese
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