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Riforma Monti: dal Consiglio di Stato sì alla pianta organica delle farmacie

Francesco Cavallaro
Francesco Cavallaro
Riforma Monti: dal Consiglio di Stato sì alla pianta organica delle farmacie


Si ricorderà che, ragionando a proposito del nuovo testo dell’art. 2, della legge n. 475/1968, come sostituito dall’art. 11 del DL n. 1-2012 (cd. Decreto Monti), convertito con la legge n. 27-2012, l’Ufficio legislativo del Ministero della Salute aveva affermato che la nuova norma “è inequivocabilmente, diretta a eliminare la “pianta organica” delle farmacie e le procedure alla stessa correlate”. In particolare, secondo il Ministero avrebbe dovuto ritenersi abbandonata la tradizionale procedura di suddivisione di tutto il territorio comunale “in tante aree quante sono le farmacie spettanti al comune in base alla popolazione residente, con la necessità, in caso d’istituzione di nuove farmacie, non solo di individuare esattamente il perimetro del territorio attribuito a ciascun nuovo esercizio, ma anche di modificare il perimetro delle sedi delle farmacie già operanti, al fine di ritagliare il territorio di pertinenza delle nuove”.

In sua vece avrebbe dovuto ora applicarsi la seguente nuova procedura: “per quanto riguarda la localizzazione spetta ora al Comune, sentiti la Asl e l’Ordine provinciale dei farmacisti competenti per territorio, “identificare” le zone nelle quali collocare le nuove farmacie. Questa attività è svincolata dalla necessità di definire esattamente un territorio di astratta pertinenza di ciascun nuovo esercizio e non incontra limiti nella perimetrazione delle sedi già aperte, dovendo soltanto assicurare “equa distribuzione sul territorio” degli esercizi e tener conto dell’esigenza di “garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”, concludendo che “l’individuazione delle “zone” può quindi avvenire anche in forma assai semplificata (ad esempio indicando una determinata via e le strade adiacenti)”, sia pur con il rispetto di una distanza dagli altri esercizi non inferiore a duecento metri.

Merita quindi immediata segnalazione, riservando ai prossimi giorni ogni più ampio e opportuno approfondimento, la recentissima sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 1858/2013, depositata il 3 aprile 2013, con la quale è stata decisa una controversia relativa al trasferimento dei locali di una farmacia, dovendo fornire concreta applicazione ai concetti di “zona” e “sede”, prima e dopo la riforma Monti.

A proposito della funzione della “sede” farmaceutica, quanto alla possibile genericità sotto il profilo topografico e di una poco precisa determinazione dei confini, il Collegio ha osservato che “la generalità, se non la totalità, delle piante organiche descrive invece in modo minuzioso e preciso i confini di ciascuna sede farmaceutica, rispettando il principio (non espressamente enunciato dalla legge, ma desumibile dal contesto e recepito da giurisprudenza più che consolidata) che la distribuzione del territorio comunale fra le sedi non deve lasciare spazi vuoti né sovrapposizioni. Questa cura nel delimitare le sedi farmaceutiche è coerente con la funzione che questo atto assume nel sistema: infatti, com’è noto, il territorio assegnato alla farmacia attribuisce al suo titolare la facoltà (sia pure non incondizionata) di scegliere all’interno di quel perimetro l’ubicazione dell’esercizio e gli attribuisce, altresì, un diritto di esclusiva, ossia il divieto agli altri farmacisti di insediarvisi”.

Se ciò è senz’altro vero per quanto riguarda la disciplina ante riforma, tale conclusione resta immutata anche per il presente in quanto, secondo il Collegio, “le nuove disposizioni non cambiano realmente il quadro, per quanto qui interessa”.

E’ vero, infatti, che sono state soppresse le disposizioni che prevedevano la formazione e la revisione periodica delle piante organiche comunali, a cura di un’autorità sovracomunale (da ultimo, la Regione o la Provincia, a seconda delle norme regionali).

Tuttavia rimane invariato l’impianto generale della disciplina, a partire dal “numero chiuso” delle farmacie, pur se i criteri per la determinazione di tale numero sono alquanto modificati. Peraltro, il “numero chiuso” implica logicamente che la distribuzione degli esercizi sul territorio sia pianificata autoritativamente. E in effetti, il nuovo testo dell’art. 2 della legge n. 475/1968, come modificato dal d.l. n. 1/2012, dispone:

Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un’equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”.

Non si parla più di “sedi” ma di “zone”; ma questo mutamento non è rilevante, perché la giurisprudenza aveva già da tempo avvertito che quando la normativa previgente usava il termine “sede” si doveva intendere “zona”, perché questo era il significato che si desumeva dal contesto. Peraltro usa il termine “zona” anche l’art. 1, comma settimo (originariamente comma quarto) della legge n. 475/1968, del seguente tenore:

“Ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato (…) in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona». A sua volta il regolamento approvato con d.P.R. n. 1275/1971, art. 13, secondo comma, dispone: «Il locale indicato per il trasferimento della farmacia deve essere situato (…) in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona”.

E’ vero che la nuova formulazione dell’art. 2 sembra riferirsi esplicitamente solo all’assegnazione delle “zone” alle farmacie di nuova istituzione, tacendo delle altre; ma stanti il contesto e la finalità dichiarata dalla legge, è ovvio che anche le farmacie preesistenti conservano il rapporto con le “sedi”, ossia “zone”, originariamente loro assegnate; e questo appunto dispone esplicitamente l’art. 13 del regolamento, che del resto esprime una implicazione naturale del sistema.

Ed è nella logica delle cose che questo potere-dovere di pianificazione territoriale non si eserciti una tantum ma possa (e se del caso debba) essere nuovamente esercitato per apportare gli opportuni aggiornamenti, e che ciò venga fatto nel quadro di una visione complessiva del territorio comunale.

In conclusione, benché la legge non preveda più, espressamente, un atto tipico denominato “pianta organica”, resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome.


Francesco Cavallaro

Nato a Roma nel 1943, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1965. È avvocato dal 1969 (albo degli avvocati di Milano) e svolge l’attività professionale occupandosi principalmente degli aspetti giuridici della produzione e della distribuzione dei medicinali. Dal 1970 al 1980 ha curato la redazione di una rivista giuridica specializzata nel settore. Insieme con l’avv. Claudio Duchi ha pubblicato due raccolte di leggi in materia farmaceutica e, sempre con l’avv. Claudio Duchi, il commentario “Il riordino del settore farmaceutico”(Pirola, 1991). Ha partecipato a iniziative di formazione per laureati presso le Università di Milano e di Palermo.
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